Dagli anni Ottanta in poi, e soprattutto negli ultimi dieci anni – per effetto anche del miglioramento delle condizioni di vita della popolazione nei Paesi in via di sviluppo – il consumo di acqua in bottiglia è aumentato vertiginosamente in tutto il mondo. Attualmente si consumano in Italia 8 miliardi di bottiglie di acqua all’anno e un uso pro-capite di 206 litri annui. Questo fa di noi il maggiore consumatore in Europa, e nel mondo ci piazziamo secondi, dopo il Messico con 244 litri annui. In totale nei 28 Paesi dell’Ue si consumano annualmente 46 miliardi di bottiglie in plastica. Un primato che nasce dal pregiudizio sulla qualità dell’acqua fornita dagli acquedotti. Nel database di Beverfood, testata giornalistica che pubblica annuari e guide relative al settore delle bevande, si contano 259 marchi registrati di acqua imbottigliata disponibili sul mercato italiano. Se bevessero dal rubinetto, stima l’Unione, le famiglie europee risparmierebbero complessivamente 600 milioni di euro all’anno. Oltre nel risparmiare soldi si andrebbe sempre di più a diminuire l’uso della plastica, materiale altamente inquinante. Va in questa direzione ‘Milano Plastic Free’, la campagna del Comune di Milano, nata in collaborazione con Legambiente, per promuovere agli esercizi commerciali milanesi la riduzione dell’uso degli imballaggi e della plastica usa e getta. Il PET, ovvero la plastica delle bottiglie d’acqua, genera un enorme dispendio di risorse, dal petrolio all’acqua stessa: il paradosso sta proprio nel fatto che per bere un litro di acqua ne serve esattamente il doppio per la produzione. Questo business coinvolge il mondo intero e ha delle gravi conseguenze sull’ambiente, in particolare negli oceani ogni anno vengono scaricate otto tonnellate di plastica.