Persecuzione dell’attivismo

Autrice: Maria Eduarda

Traduttrice: Alessandra Monopoli

Immagina il seguente: sei un giornalista in cerca di informazioni e, mentre sei in viaggio nella foresta amazzonica, vieni minacciato di morte e il giorno dopo i giornali ti danno per disperso. Può sembrare una scena da film, ma questa è la storia vera di Dom Phiillips, collaboratore del periodico New York Times e scrittore, che, come molti altri in cerca di informazioni e giustizia per l’ambiente, furono anche loro perseguitati. La crisi climatica e delle risorse hanno richiesto negli ultimi anni una maggiore piattaforma per chi manifesta in favore dei movimenti sostenibili, precisamente per la gravità delle sue conseguenze. Anche se, il silenzio, la persecuzione e incluso l’assassinio di attivisti non ottiene visibilità nei mezzi di comunicazione.

A prima vista, le statistiche possono sembrare basse: 227 difensori della terra e dell’ambiente furono assassinati nel 2020. Tuttavia, bisogna analizzare il contesto di oggi vita andata perduta. In primo luogo, si considera che l’attivismo ambientale, tanto come l’agenda sociale come la politica, non riceve la notorietà che si merita. Per questo, gli ambientalisti sul campo sono più a rischio della loro vita quando non sono sostenuti da stati spensierati per i diritti umani e la sostenibilità. Come mostrato nella seguente tabella, gli attivisti assassinati sono per lo più nei paesi dell’America Centrale e del Sud, che albergano nei grandi boschi con potenziale di sfruttamento, come le comunità indigene.

Se si analizza attentamente il diagramma, è possibile stabilire una relazione tra i motivi delle persecuzioni e i paesi nei quali si producono, dato che ospitano alti indici di disboscamento, miniera e agroindustria, molti di essi operati in forma illegale. Si stima che il 90% del disboscamento in Brasile è illegale, in quanto la scarsa applicazione delle leggi ambientali si converte in un incentivo per far continuare questo sfruttamento. Per quanto riguarda la miniera di oro non regolata, causarono circa 429 milioni di dollari in danni sociali e ambientali nella Riserva Indigena Yanomami.

In questo modo, sorge la riflessione: chi si deve responsabilizzare? Ovviamente i responsabili dei delitti devono pagare legalmente, nonostante esiste un sistema che li protegge e continua a giustificare la persecuzione contro l’attivismo ambientale. Sebbene la legislazione focalizzata nella causa sostenibile è forte nei paesi con grande diversità come i latinoamericani, i governi non garantiscono la sicurezza degli attivisti che fanno “finta di niente” nel collegare la persecuzione allo sviluppo economico, così come nella debole applicazione delle sue pene.

Per esempio, il Brasile ha un’economia basata nella produzione agricola e i suoi politici eletti non mostrano preoccupazione per i metodi meno aggressivi ne per lo sfruttamento massivo dell’Amazzonia, e molto meno per i popoli indigeni che la abitano. In questo senso, le imprese private che continuano ad essere favorite sono, anche a danno dell’ambiente, quelle che generano capitale. Un grande esempio è l’impresa Samarco che, nello stato di Minas Gerais, Brasile, fu responsabile di quello che si considera il più grande disastro ambientale della storia del paese: la rottura della diga di Mariana nel 2015 per negligenze dell’impresa.

Per questo, esiste la necessità generale di avere una maggiore garanzia per la vita dei difensori dell’ambiente, che sono in prima linea e pagano per intromettersi nel reddito non regolato dell’estrattivismo. Per appoggiare questo, si raccomanda che l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) intervenga quando sia necessario per esigere il compimento delle dovute pene legali e garantire la strada per raggiungere i suoi 13 e 15 obiettivi di sviluppo. Inoltre, sarebbe prudente che la popolazione investigasse e scegliesse i candidati politici che lottano per la salvaguardia e la sostenibilità, ciò che porterebbe a imporre e giudicare con fermezza chi uccide la vita (anche indirettamente) degli attivisti.

Bibliografia:

Statement on Bruno Pereira and Dom Phillips | Global Witness

https://www.globalwitness.org/en/campaigns/environmental-activists/last-line-defence/

What’s the cost of illegal mining in Brazil’s Amazon? A new tool calculates it (mongabay.com)

To end illegal deforestation, Brazil may legalize it entirely, experts warn (mongabay.com)

G1 – ‘Houve negligência’, diz MP sobre rompimento de barragens em MG – notícias em Minas Gerais (globo.com)

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